Gli effetti collaterali del d.l. 172/2021. L’estensione dell’obbligo vaccinale tra incongruenze e errori legislativi
Prescindendo in questa analisi da ogni considerazione in
merito alla legittimità costituzionale di tale provvedimento,
per il quale si rimanda a un mio precedente
approfondimento, nonché a successive considerazioni
che verranno svolte in altro momento, non possono non
essere rilevate le difficoltà applicative e interpretative
della norma in commento.
Il percorso applicativo della norma, contorto – modifica,
sostituisce e inserisce articoli di altri provvedimenti (D.L.
44/2021 e D.L. 52/2021) – e contraddittorio (procedure
non raccordate nei loro intrecci applicativi), sarà foriero di
futuri contenziosi. Gli unici elementi certi sono
l’individuazione dei soggetti a cui si applica la norma e la
sospensione a quanti non si adeguano. L’individuazione
della data di decorrenza dell’obbligo, invece, nonostante
sia indicata, crea più di qualche incertezza.
La decontestualizzazione dell’obbligo vaccinale
dall’emergenza sanitaria
La prima questione di non poco conto è la temporaneità
estemporanea della misura imposta per legge, la quale si
sgancia dal periodo emergenziale, che attualmente
termina il 31/12/2021. L’obbligo vaccinale introdotto per le
nuove categorie di lavoratori si limita a disporre che la
conseguente sospensione dal lavoro e dalla retribuzione
dura “non oltre il termine di sei mesi a decorrere dal 15
dicembre 2021″.
Non può sottacersi che la misura sanitaria in esame è
inscindibilmente legata alla valutazione e dichiarazione
dello stato di emergenza sanitaria in corso.
Tale affermazione non è solo una mera constatazione
logica, bensì è l’evidenza di un principio giuridico.
Il Presidente della Repubblica, infatti, nell’ambito delle sue
funzioni ha il dovere costituzionale di verificare e
accertare il rispetto costituzionale delle norme di legge da
lui promulgate. Nel caso di esame, trattandosi di un
decreto-legge ossia di un atto di competenza del
Parlamento adottato ai sensi dell’articolo 77 della
Costituzione dal Governo il Presidente della Repubblica ha
dovuto accertare la sussistenza dei presupposti di
straordinarietà della situazione, nonché della necessità e
dell’urgenza.
Il presidente Mattarella ha promulgato il decreto legge 172
del 26/11/ 2021 richiamando nelle premesse al testo
normativo promulgato, tra l’altro, il D.L. 105/2021 con cui è
stato prorogato al 31/12 2021 lo stato di emergenza
sanitario e attestando “che l’attuale contesto di rischio
impone la prosecuzione delle iniziative di carattere
straordinario e urgente intraprese al fine di fronteggiare
adeguatamente possibili situazioni di pregiudizio per la
collettività;”.
Come può essere giuridicamente legittimo e rispettoso dei
precetti costituzionali un provvedimento che produrrà i
suoi effetti sino a giugno del 2022, avendo quale
presupposto una situazione di emergenza sanitaria
attualmente a scadenza il prossimo 31 dicembre? E per
cortesia non si risponda che lo stato di emergenza verrà
successivamente ulteriormente prorogato, poiché
nell’ordinamento giuridico i presupposti di un atto non
possono mancare al momento dell’emanazione dello
stesso, pena la morte dello stato di diritto con tutte le
conseguenze politiche che si possono trarre da una tale
situazione di grave scollamento tra la Costituzione e
l’azione del Governo, avallata dalla massima autorità dello
Stato, il Presidente della Repubblica.
L’estensione dell’obbligo vaccinale tra scadenza
slittata e caducazione normativa
Tutt’altro che chiaro è l’iter di verifica e accertamento
dell’adempimento dell’obbligo vaccinale imposto
dall’articolo 4 ter aggiunto dal D.L. 172/21 al D.L. 44/2021.
Dalla lettura dell’articolo 4 ter comma 1, ove è sancito che
“dal 15 dicembre 2021 l’obbligo vaccinale” si applica alle
nuove categorie di lavoratori ivi indicate, è
giuridicamente pacifico che nessun accertamento sui
lavoratori possa essere fatto da parte dei dirigenti
delle rispettive amministrazioni prima della
decorrenza dell’obbligo stesso previsto a decorrere dal
15 dicembre. La norma, poi, prosegue statuendo al
comma 3 che i dirigenti “Verificano immediatamente
l’adempimento del predetto obbligo vaccinale” e che
acquisite le situazioni sanitarie del personale invitano
coloro i quali non risultano vaccinati “a produrre entro 5
giorni dalla ricezione dell’invito, la documentazione
comprovante la vaccinazione oppure l’attestazione
relativa all’omissione o al differimento della stessa …
ovvero la presentazione della richiesta di vaccinazione
eseguirsi in un termine non superiore a 20 giorni dalla
ricezione dell’invito o comunque l’insussistenza dei
presupposti per l’obbligo vaccinale”.
L’iter della verifica nella sua chiarezza risulta peraltro
proceduralmente inconciliabile con il comma 5, il quale
sancisce che “lo svolgimento dell’attività lavorativa in
violazione dell’obbligo vaccinale di cui al comma 1 [la cui
decorrenza è stabilita a decorrere dal 15 dicembre] è
punito” con sanzione amministrativa da € 600,00 a
€ 1.500,00.
Il legislatore ha, infatti, omesso di individuare un periodo
neutro durante il quale espletare la procedura di verifica e
di eventuale adeguamento, la quale dura
complessivamente 20 giorni. La carenza normativa non è
di poco conto in quanto la verifica dell’adempimento di un
obbligo non può che essere effettuata dalla decorrenza
dello stesso.
Non è giuridicamente sostenibile, salvo che si vogliano
calpestare i principi generali del diritto ed
dell’ordinamento giuridico, che un obbligo possa essere
accertato prima della sua entrata in vigore.
Cercando una soluzione all’inconciliabile sovrapposizione
dei termini e delle procedure sopra evidenziate, si può
ipotizzare di applicare l’oscura previsione contenuta al
comma 2 ultimo periodo, ove è scritto “Si applicano le
disposizioni di cui all’articolo 4 commi 2 e 7”. Nella
fattispecie il richiamato comma 7 dell’articolo 4, quello
delle professioni sanitarie, prevede che “per il periodo in
cui la vaccinazione… è omessa o differita il datore di
lavoro adibisce” i lavoratori “a mansioni anche diverse
senza decurtazione della retribuzione”. Sembrerebbe
pertanto di potersi concludere che dalla data di
decorrenza dell’obbligo, 15 dicembre, i lavoratori abbiano
ancora 20 giorni per poter adempiere all’obbligazione
vaccinale, mantenendo il diritto a prestare la loro attività
lavorativa e a percepire la retribuzione. Differentemente
argomentando la norma avrebbe una intrinseca e
inconciliabile contraddizione tale da farla caducare per la
sua inapplicabilità.
Abrogazioni e dimenticanze nella normativa correlata
al D.L. 172
Va inoltre evidenziato che il legislatore nell’introdurre il
predetto obbligo non ha abrogato l’articolo 9 ter del
decreto legge 52/2021, introdotto dal D.L. 111/221 con
decorrenza primo settembre e validità fino al 31/12/2021
riguardante l’obbligo della “Certificazione verde COVID19”, cosiddetto “green pass”, per il personale scolastico.
La convivenza di tali due normative consente
relativamente al solo personale scolastico di supporre che
la stessa possa trovare applicazione per poter svolgere la
propria attività lavorativa nelle more dell’iter complesso di
accertamento previsto dall’articolo 4 ter aggiunto dal D.L.
172/21 al D.L. 44/2021.
Totalmente diversi invece per i sanitari gli effetti causati
dalla sostituzione integrale dell’articolo 4 del D.L.
44/2021. Il nuovo testo dell’art. 4 D.L. 44/2021 entrato in
vigore il 27 novembre scorso ha sostituto il testo
precedente senza nulla precisare in merito. In particolare il
novellato art. 4 prevede ed estende l’obbligo vaccinale
anche in riferimento alle dosi di richiamo e fissa il dies a
quo per l’assolvimento dell’obbligo suddetto – primario e
comprensivo della dose di richiamo – a far data dal 15
dicembre 2021; viene, inoltre, modificato il soggetto
accertatore dell’obbligo vaccinale.
L’attuale sostituzione normativa ha di fatto resettato
completamente le posizioni dei sanitari sospesi, in
forza del vecchio testo dell’articolo 4, per non aver
effettuato la vaccinazione. Con il nuovo testo infatti
l’obbligo vaccinale decorre dal 15 dicembre 2021, data
che in realtà deve intendersi spostata in avanti dei 20
giorni necessari all’iter di verifica e accertamento disposti
dalla nuova normativa. A fronte della nuova situazione
venutasi a creare il personale sanitario sospeso ha diritto
dal 27 di novembre, data di entrata in vigore del nuovo
articolo 4 D.L 44/2021, ad essere riammesso in servizio e
di percepire la corrispondente retribuzione. Gli Ordini
Professionali e i datori di lavoro hanno l’obbligo di recepire
il nuovo dettato normativo.
Gli effetti giuridici innanzi esposti sono diretta
applicazione dei principi contenuti nel regio decreto 16
marzo 1942 numero 262 titolato “Disposizioni sulla legge
in generale”, meglio noto come preleggi al codice civile.
L’articolo 15 della citata normativa, titolato “Abrogazione
delle leggi”, dispone che le leggi se non sono
espressamente abrogate possono comunque ritenersi
abrogate “per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le
precedenti o perché la nuova legge regola l’intera materia
già regolata dalla legge anteriore”. Ed è proprio
quest’ultima disposizione a trovare applicazione nella
fattispecie in esame.
A chiusura di questa disamina si può concludere che il
D.L. 172/2021 è l’esempio di come non debba essere
scritta una norma di legge, oltreché lo specchio impietoso
del decadimento della cultura giuridica nella nostra
Repubblica e più in generale nelle nostre istituzioni. Il D.L.
172/2021 ha sicuramente guadagnato il primato di peggior
testo normativo della storia della Repubblica; se all’esame
di diritto costituzionale avessimo teorizzato un tal
costrutto normativo sentiremmo ancora adesso l’eco delle
urla dei docenti …
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