La Cassazione conferma l’eliminazione del criterio del tenore di vita
La Suprema Corte ribadisce i confini per il riconoscimento
dell’assegno divorzile tra misura assistenziale e
compensativa dell’apporto personale dato alla famiglia in
costanza di matrimonio.
La Sesta Sezione della Corte di Cassazione con la
pronuncia n. 38928/2021, pubblicata il 7 dicembre 2021, è
tornata ad affermare l’ormai noto e consolidato principio
espresso dalle Sezioni Unite con la Sentenza n.
18287/2018 secondo cui in sede di divorzio, l’assegno
può essere riconosciuto ove ricorra uno stato di bisogno
da parte del richiedente, ovvero costituisca una misura
compensativa dell’apporto personale dato dallo stesso
alla famiglia con rinuncia alle proprie occasioni di lavoro e
di reddito.
Si tratta ancora una volta di una vicenda che trae origine
dalla impugnazione di un decreto di modifica delle
condizioni di divorzio e si sostanzia nella contestazione di
un’erronea valutazione da parte della Corte di Appello di
Venezia delle modificate condizioni degli ex coniugi ai fini
della permanenza dell’assegno divorzile. L’onerato in
particolare si duole per l’omessa valutazione delle nuove
circostanze di fatto alla luce del nuovo orientamento
giurisprudenziale ormai consolidato in materia.
La Cassazione ha stabilito con la sentenza n. 11504/2017
che il diritto al mantenimento nel divorzio, abbia quale
unico presupposto quello della non autosufficienza
economica del coniuge richiedente, non essendo più
attuale, tenuto conto dei mutamenti economici e sociali,
l’utilizzo del tenore di vita quale criterio su cui fondare il
riconoscimento dell’assegno allontanando così
qualsivoglia pretesa di continuazione dei rapporti
economici tra le Parti.
In altre parole, l’estinzione del rapporto personale porta
con sé anche quella del rapporto patrimoniale.
Del medesimo orientamento anche la pronuncia a Sezioni
Unite n. 18287/2018 la quale ha, da un lato, confermato
l’abbandono definitivo del criterio del tenore di vita e
dall’altro lato individuato i casi in cui al coniuge più debole
possa riconoscersi il diritto all’assegno divorzile.
Premesso che l’onere di provare la ricorrenza delle
condizioni per il riconoscimento dell’assegno divorzile è in
capo al richiedente ed altresì che la valutazione di queste
debba essere svolta in concreto, i giudici di legittimità
riconoscono il diritto solo ove il coniuge:
non sia economicamente autosufficiente;
abbia nel corso del matrimonio rinunciato ad
occasioni di lavoro e carriera in favore dei bisogni
della famiglia.
Ecco dunque spiegate le funzioni assistenziali e
riequilibratrici, ossia compensative perequative,
dell’assegno di divorzio.
La modifica dell’assegno può essere richiesta solo per
giustificati motivi, ossia ove nel corso del tempo siano
variate le circostanze di fatto in virtù delle quali il
mantenimento veniva riconosciuto e quantificato, con
particolare riferimento al perdurante stato di bisogno del
richiedente.
Dunque, trattasi di una modifica di un provvedimento
assunto rebus sic stantibus, ossia allo stato di fatto, che
presuppone l’accertamento giudiziale.
Si è visto che l’accesso alla revisione dell’assegno
divorzile è limitato ai casi di insorgenza di fatti nuovi,
relativi alle condizioni economiche degli ex coniugi, nuovi
e modificativi rispetto alle circostanze valutate dal giudice
in sede di pronuncia sul pagamento.
Il sopraggiungere di nuovi orientamenti giurisprudenziali,
come possono essere le sentenze della Cassazione, sopra
citate, non rappresentano cause autonome di revisione.
Ciò in quanto la funzione che svolge la giurisprudenza è
meramente ricognitiva rispetto all’esistenza e al contenuto
di una norma, ma non crea la norma medesima. In altri
termini, la giurisprudenza si limita a fornire una
interpretazione delle norme volta ad attualizzarle rispetto
al panorama socio-culturale del momento storico,
aggiornando la ratio che ne costituisce il presupposto (v.
anche, Cass. n. 1119/2020).
Ma vi è di più, infatti, ci si potrebbe chiedere allora quando
si possa far applicazione dei nuovi orientamenti
giurisprudenziali, allo scopo di assisterne all’applicazione
in materia di revisione dell’assegno.
Ebbene, ciò è possibile ove si instauri un procedimento
volto ad ottenere tali modifiche in ragione dell’insorgenza
di fatti nuovi, i quali dovranno essere valutati dal giudice
alla luce dei principi di diritto espressi dalla Suprema
Corte in tema di permanenza del tenore di vita.
Alla luce della ricostruzione normativa e giurisprudenziale
riproposta, la Cassazione conferma che l’unico
presupposto per pervenire alla revisione dell’assegno
divorzile consiste nel mutamento delle condizioni
economiche del coniugi, quale fatto nuovo rispetto al
momento dell’assunzione dell’onere contributivo e che
solo in occasione di siffatto giudizio il giudice possa
decidere la domanda facendo applicazione del mutato
indirizzo giurisprudenziale che vede il venir meno del
tenore di vita quale criterio su cui fondare la
corresponsione dell’assegno (v. anche, Cass. n. 24250
dell’8 settembre 2021).
Nella specie avendo la Corte di Appello negato il proprio
dovere di decidere sui nuovi fatti alla luce dei nuovi
principi di diritto enunciati dalla Suprema Corte, accoglie il
ricorso del marito rinviando la causa alla medesima Corte,
in diversa composizione.
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